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Gli articoli di Apertura 

di Silvano

Presentazione 2017

a cura di Silvano Papi

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Cammino nel bosco del Camp di Genazzano, lungo i prati tra le casette estive, appena dietro i primi 5 campi da tennis. Il terreno è morbido con le foglie oramai tutte a terra. Penso alla prossima 36esima edizione. Tra 5 mesi questi luoghi si riempiranno di nuovo di bambini e di foglie verdi alla cui ombra si ripareranno nelle ore calde, con il frinire intermittente delle cicale.

Nella presentazione dello scorso anno mi sono soffermato sulle paure, oggi vorrei ripartire da qui per parlare anche di altro, di cultura, di noi, del movimento e del passaggio, di quello da bambino ad adulto. Vorrei esprimere quello che vedo e elaboro nelle passeggiate di Genazzano versione invernale, come si cambia, come è cambiato il nostro modo di vivere, quali sono i sogni e se li abbiamo ancora, se riesco a emozionarmi ancora.

Oggi è il 23 gennaio, forse sta per finire l’ondata di freddo che ha sconvolto l’Italia centrale, la prima mattina da molti giorni sopra i zero gradi. Abito qui ormai da molti anni, ho lasciato Roma non senza rimpianti, in cambio, per citare una delle cose più piacevoli, della passeggiata della mattina. Osservo, ascolto e senza volerlo imparo, farei meglio a dire ricordo, che il tempo trascorre, che niente è fermo. La natura cresce inesorabile, qualcosa muore e si perde ma ogni cosa si trasforma, compreso me. Bevo al pozzo, tracanno una quantità di acqua gelata e mi asciugo con il dorso della mano. Lo stesso gesto di quando ero bambino di fronte alle fontanelle di Roma che sorgevano a ogni angolo di strada. Oggi compriamo una bottiglietta di plastica d’acqua sigillata e la portiamo con noi tutto il giorno bevendo a piccoli sorsi  a intervalli regolari. È questo a «fare la differenza», la stessa che intercorre tra le paure contemporanee e quelle dei nostri antenati. In entrambi i casi, la differenza è la commercializzazione. Come l’acqua, la paura è diventata un prodotto di consumo ed è stata assoggettata alla logica e alle regole del mercato. Siamo passati da una società di produttori a una di consumatori con i bambini come   apostoli inconsapevoli del nuovo mondo, protagonisti assoluti degli spot pubblicitari. La quantità e l’intensità della paura nelle società umane non rispecchiano più la gravità oggettiva o l’imminenza del pericolo, ma l’abbondanza di offerte sul mercato e l’intensità della promozione.        

          

“Sarà per questo che a Genazzano non c’è il bar!”

“Sarà per questo che a Genazzano ci si fa il letto, si apparecchia la tavola, si sparecchia a turno o per “meriti”. Si fa la corvè e la si accetta, non dico di buon grado, ma neanche come una calamità. Semplicemente un compito. Per tutto questo si mangia quello che c’è, le verdure dell’orto, i biscotti si possono vincere e vi assicuro che hanno un sapore speciale. Si va a letto presto e ci si dimentica della tv e dei cellulari. La festa solo quella del venerdì e è un evento eccezionale.” A Genazzano i bambini producono tanto e consumano poco, già dai primi momenti si sentono protagonisti delle loro attività senza bisogno di farsi notare.

Nella nostra piccola Sherwood si condivide tutto, si gioca tanto, si fatica e a volte si avverte la malinconia per la mancanza dei genitori, ma si riesce sempre a superarla con l’aiuto degli altri, con i nuovi piccoli amici di questo intenso e breve percorso. In una vera comunità non si è mai soli. A differenza delle comunità virtuali dove a furia di post e condivisioni cerchiamo di farci notare mantenendo al contempo una autonomia onnipotente, ci siamo senza esserci, commentiamo senza prendere realmente parte, assistiamo immuni alle gioie e alle disgrazie, sosteniamo senza impegno movimenti senza colore e senza odore, critichiamo, sbeffeggiamo, col desiderio intimo di esistere, di affermare la nostra identità e come dicevo prima DI ESSERE NOTATI!

 

Allora è per questo che a Genazzano ci si dimentica di caricare tablet cellulari.

Tante volte mi sono chiesto cosa mi abbia spinto in questa lunga avventura del Genazzano Tennis Camp, e più in generale cosa mi abbia portato a fare il maestro di tennis. Perché dopo aver studiato tanti anni e ottenuto la laurea in Psicologia e poi il tirocinio con la scuola di psicoterapia e l’iscrizione all’albo degli psicoterapeuti, ho preso una strada apparentemente tanto diversa.  La mia terapeuta didatta, con la quale ho condiviso 6 anni di formazione,  più o meno alla fine del nostro percorso mi chiese “Perché non ti dedichi a tempo pieno alla professione, perché rinunci!” “Non rinuncio” risposi di getto “Al contrario cerco la mia felicità, semplicemente questo”.

In realtà ho rinunciato solamente al ruolo, forse di maggior prestigio, ma non alla sensibilità. Ho scelto una vita “al freddo” priva di sicurezze e comodità. Proprio questo è il punto, proprio questo ha inciso in maniera decisiva nella scelta: la mancanza di sicurezze e comodità.

"Si è felici quando si riesce a risolvere problemi” afferma il sociologo Zygmund Bauman nel suo splendido discorso sulla felicità“ e quando si lotta contro di essi. Si raggiunge la felicità quando ci si rende conto di riuscire a controllare le sfide poste dal fato”.

Io aggiungo “quando si gioca e si può vincere o perdere, quando si prova tenerezza per i bambini o per noi stessi, quando l’immaginazione spicca il volo, quando ci si scrolla la comodità con le sue pretese arroganti, quando la precarietà ci ricorda che siamo di passaggio. La consapevolezza della nostra fragilità ci rende umani.”

Genazzano non è un posto facile, 3 ore e mezzo di tennis due sedute di preparazione fisica, il training autogeno, si gioca seriamente e il divertimento proviene da li. Non c’è il bar con le bibite frizzanti, non si seducono i bambini con patatine fritte e gelati, al contrario minestre di verdura, prodotti dell’orto, niente disco music la sera, solo la festa del venerdì, la mitica festa del venerdì tutti assieme a condividere e a farci sentire tanto UMANI.

Buon Genazzano Tennis Camp 2017 a tutti

Silvano Papi

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